Un ponte di polemiche

Dopo decenni di proposte, discussioni, polemiche e dibattiti, questa potrebbe essere la volta buona. Entro il prossimo mese di marzo il Consiglio dei ministri deciderà se dare il via libera al progetto del ponte sullo Stretto di Messina. La Banca europea per gli investimenti (Bei) ha manifestato la disponibilità a partecipare al finanziamento dell’opera. Costo stimato: 11 mila miliardi di lire circa. Ma il Paese continua a essere spaccato in due tra favorevoli e contrari. Le divisioni riguardano sia la classe politica (ci sono espressioni eterogenee anche all’interno di uno stesso partito) che la società civile. Chi, invece, non ha dubbi, e sin dal primo giorno si è schierato contro il progetto, è il nutrito popolo degli ambientalisti.

Wwf, Legambiente, Verdi, ritengono che l’opera sia del tutto inutile. “Da cittadina siciliana preferirei non morire per le strade, avere l’acqua nelle case ogni giorno e mezzi di trasporto molto più efficienti e veloci di quelli oggi disponibili”, afferma Anna Giordano, vincitrice nel 1998 del premio Goldman per la difesa dell’ambiente e definita dalla stampa internazionale “eroe del Pianeta”. “Abbiamo ancora una sola linea ferroviaria che collega Messina con Palermo. Il ponte rappresenterebbe la classica cattedrale nel deserto”.

Se sarà realizzata, la “cattedrale” avrà una campata unica lunga 3.300 metri e larga 60. Il progetto prevede sei corsie autostradali (tre per ogni senso di marcia) e al centro, come spartitraffico, un doppio binario ferroviario. Previste, inoltre, corsie di emergenza per l’autostrada, due strade di servizio per la ferrovia e altre due per la manutenzione e la sicurezza dell’intera struttura. La capacità di traffico, secondo i progettisti, sarà di 9 mila automezzi l’ora e 200 treni al giorno.

Ma una volta attraversata questa meraviglia dell’ingegneria, dove andranno tutti questi mezzi? L’autostrada Messina – Palermo, a tutt’oggi è incompleta: degli oltre 200 chilometri complessivi, circa 60 sono da ultimare e tutti gli automezzi (Tir compresi) sono costretti a percorrere una strada statale stretta e tortuosa, teatro di numerosi incidenti mortali, che attraversa i centri abitati. Nessuna autostrada invece per Agrigento, Siracusa e Ragusa: si viaggia su strade a scorrimento veloce, dove gli incidenti, purtroppo, non si contano più. La situazione delle ferrovie è ancora peggiore. La tratta Messina – Palermo è tanto fatiscente da rendere il viaggio impossibile: almeno quattro ore per coprire poco più di 200 chilometri. Il raddoppio della linea ferroviaria è ancora in corso d’opera. Assolutamente sconsigliabile, infine, utilizzare i treni per raggiungere l’entroterra dell’isola.

I sostenitori del ponte ritengono, al contrario, che la realizzazione della struttura fornirà invece proprio uno stimolo per il completamento di queste opere e in generale per lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno. La Diocesi siciliana, il governo regionale di centrodestra (non senza posizioni discordanti), proprio nelle ultime settimane, si sono schierati in favore del ponte, aggiungendosi alle forze sindacali che, pur con diverse posizioni interne, vedono nell’opera il volano per imprimere un’accelerazione all’economia del Sud.

Ma gli ambientalisti insistono. E di motivi contro il ponte, Giordano ne elenca a volontà: “Finora si è parlato dell’impatto ambientale del ponte trascurando quello, non inferiore, delle infrastrutture legate all’accesso, a cominciare dalle rampe. Per esempio: dove sarà smaltito tutto il materiale di scarto che produrranno i cantieri? Quali potranno essere i danni in un’area geomorfologicamente molto delicata? Nessuno lo ha preventivato. E così si vogliono correre tutti questi rischi per avere magari duecento treni che sbarcano sulla nostra isola e poi rimangono incolonnati a Messina perché non avranno materialmente dove andare”.

Una cosa è comunque certa: la scelta è ormai di natura prettamente politica. Infatti sia i problemi di finanziamento che quelli tecnici, primi fra tutti il rischio sismico e delle raffiche di vento, sembrano essere superati. “Se il ponte sarà costruito tenendo conto scrupolosamente dei risultati degli studi ottenuti da esperti di numerose discipline, non ci saranno problemi legati alla sicurezza”, spiega a Galileo Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). E poi aggiunge: “Personalmente, non sono né favorevole, né contrario alla realizzazione del ponte. Bisogna valutare, innanzitutto, i benefici che questa “megaopera” può realmente fornire, perché prima di spendere soldi pubblici, bisogna tenere conto della scala dei bisogni. E ritengo che, in questo caso, la priorità spetti alle opere per la prevenzione sismica”. Già lo scorso anno, durante un seminario di sismologia tenutosi al Centro “Ettore Majorana” di Erice, Boschi aveva affermato che “i soldi pubblici necessari per costruire il ponte, potrebbero essere meglio impiegati per rendere più sicure le strutture edili della Sicilia orientale, una delle aree a maggior rischio sismico dell’Italia”. Secondo il geofisico “deve essere lasciata libertà di scelta solo se l’investimento finanziario è a totale carico dei privati”.

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