E’ l’ora di cambiare

I contributi raccolti in questo dossier vogliono essere spunto per una riflessione sulla ricerca e la formazione nel settore ambientale. L’ambiente è un concetto così vasto che si rischia facilmente di perdersi, e quindi piuttosto che tentare di parlare di tutto, abbiamo cercato di individuare alcuni aspetti specifici che, a nostro parere, meritano una attenzione particolare, e che possono costituire un punto di partenza per un discorso più allargato. L’importanza della ricerca nel settore ambientale è, o almeno dovrebbe essere, indubbia in termini di interesse pubblico, se non altro per gli strumenti che essa può garantire per la gestione di problemi ambientali e climatici che sono giudicati rilevanti dalla società e dalla classe politica. Ma è meno ovvio come debba svilupparsi questa ricerca e come debba essere impostata la formazione universitaria: le idee e le proposte sono diverse, talora contrastanti. Ed è su questi aspetti che abbiamo voluto focalizzare l’attenzione.

In primo luogo, bisogna considerare quella che si potrebbe dire una caratteristica peculiare della ricerca nel settore ambientale: l’avere avuto come input problemi di interesse collettivo. Considerando, per esempio, l’evoluzione della ricerca sull’atmosfera, si possono contare dagli anni Cinquanta, in media, almeno due “catastrofi imminenti” per decennio: lo smog londinese, le piogge acide, la crescita dell’ozono troposferico e la riduzione dell’ozono in stratosfera, il riscaldamento globale, l’effetto serra ecc. Sono stati questi problemi il motore della ricerca ambientale anche, e forse soprattutto, in termini di finanziamenti erogati. Volendo generalizzare e schematizzare molto, dunque, si può notare che mentre per molte scoperte “classiche”, per esempio l’elettricità, prima è venuta la ricerca, poi l’applicazione, per le acquisizioni in campo ambientale prima è venuta la domanda da parte della società, poi la ricerca finalizzata a dare una risposta. Questo ha fatto sì che la ricerca nel settore ambientale, svolta sotto la spinta dell’emergenza, tenda a essere valutata in base a quanto sia soddisfacente la risposta data al committente (amministratori pubblici, politici, industrie, …) piuttosto che sulla base del parametro di valutazione usato comunemente dalla comunità degli scienziati: la qualità scientifica.

Sembra importante proporre un cambiamento. Per tracciare un abbozzo dei problemi e delle prospettive della ricerca ambientale, due interventi fra quelli che vi proponiamo affrontano argomenti chiave del settore: i cambiamenti globali e l’interazione tra biosfera e atmosfera. Altri due interventi hanno invece un taglio storico e raccontano come si è evoluto nel corso del XX secolo l’approccio ai problemi del trasporto di inquinanti in atmosfera e come è stato progressivamente affrontato il problema delle previsioni del tempo in Italia. In tutti questi contributi troverete il tentativo di abbozzare una figura di ricercatore che custodisce conoscenze antiche ma che ha anche la capacità di interagire con colleghi con specializzazioni diverse, in modo da raggiungere un risultato che sia più della somma dei singoli contributi. Visto poi che molta parte della comprensione dei problemi ambientali è dovuta a ricerca fondamentale che è stata svolta prima che le emergenze sorgessero, riteniamo che sia necessario pensare in termini di ricerca non orientata, anche per creare il sottofondo culturale necessario per affrontare future emergenze e comunque per dare risposte equilibrate ai problemi ambientali.

Per quanto riguarda la formazione universitaria di chi deve operare in questo settore, dunque, non sembra certo sufficiente una preparazione generica anche se vasta (diremmo “generalista”) ma piuttosto sembra necessario formare specialisti con la capacità di dialogare con specialisti in discipline diverse. A questo riguardo abbiamo raccolto alcuni contributi che riflettono punti di vista diversi: quello di chi ha affrontato il problema nell’ambito innovativo (a suo tempo) delle scienze ambientali e quello di chi ha scommesso su una specializzazione in ambiti più tradizionali (leggasi disciplinari). Le facoltà di scienze ambientali nate, come sempre in Italia, da una riforma “a costo zero”, hanno talvolta riunito sotto una stessa bandiera competenze disciplinari diverse, molte volte senza precedenti esperienze di ricerca in campo ambientale. Il rischio di questo approccio è quello di formare laureati con competenze molto diversificate ma superficiali, mancando la necessaria sintesi interdisciplinare. Di converso, corsi nati in ambiti più tradizionali possono trovare difficoltà a preparare al dialogo tra specialisti in diverse discipline.

A causa della rigida divisione dell’Accademia in ambiti disciplinari, storicamente in Italia le scienze a carattere interdisciplinare, quali quelle ambientali, si sono sviluppate negli Enti di Ricerca più che in ambito universitario. Sarebbe altamente auspicabile una maggior sinergia fra reti di ricerca, nell’interesse di tutti, come già avviene in quasi tutti i paesi europei. In Francia, per esempio, ricercatori del CNRS e docenti universitari convivono nelle stesse strutture e si scambiano anche di ruolo, mentre in Germania i responsabili di gruppi di ricerca degli istituti nazionali (Max Planck Gesellschaft, Helmoltz Gemeinschaft ecc.) sono contemporaneamente docenti delle università associate e, per converso, alcuni docenti universitari dirigono gruppi di ricerca degli istituti nazionali.

Proprio perché la ricerca nel settore ambientale si sviluppa sia come soddisfacimento della curiosità umana sia come risposta alle domande della società, tanti aspetti anche esterni al dominio delle scienze esatte entrano a far parte del quadro. Ecco allora che nel dossier proponiamo ancora due argomenti (fra i molti possibili), sempre nello spirito di suggerire possibili nuove prospettive: la conoscenza quantitativa dei fenomeni ambientali come strumento di governo e la coscienza della necessità di salvaguardare allo stesso tempo i diritti dei singoli e la sicurezza e la salute collettiva come stimolo per nuove prospettive di indagine e di applicazioni delle conoscenze acquisite.Si prospetta dunque una evoluzione nel campo della ricerca e della formazione, volta a coinvolgere e formare specialisti con competenze disciplinari approfondite e ben strutturate che hanno coscienza della complessità dei fenomeni che sono chiamati a studiare e che guardano all’ambiente come un sistema interagente e non come una semplice somma di effetti. Ci sembra una scommessa che deve andare oltre il mondo degli addetti ai lavori, quasi una Weltanschauung per tutti gli abitanti del pianeta.

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