Imparare a pensare: come sviluppare l’autoconsapevolezza

autoconsapevolezza
(Foto: Tyler Milligan on Unsplash)

La capacità tipicamente umana di riflettere su se stessi e sui propri comportamenti viene adesso studiata, definita e misurata dalle neuroscienze metacognitive combinando innovativi test di laboratorio con le tecnologie di neuroimaging. Nel MetaLab dello University College London diretto da Stephen M. Fleming gli studi sono concentrati proprio sull’autoconsapevolezza del cervello, e una parte dei risultati ottenuti sono presentati in Conoscere se stessi. La nuova scienza dell’autoconsapevolezza
(Raffaello Cortina editore, 2022).

La metacognizione e la capacità di leggere la mente altrui

Lo studio del funzionamento della mente si avvia con l’analisi di due caratteristiche importanti: la capacità di valutare l’incertezza nelle proprie opinioni e la consapevolezza delle proprie azioni. Quasi sempre sappiamo predire il risultato dei nostri gesti, e anche senza dirlo in parole sappiamo che allungando la mano prenderemo la tazzina del caffè o il bicchiere di vino. Ma a volte sbagliamo, con risultati sgradevoli e imprevisti, altre volte sappiamo correggere automaticamente il gesto sbagliato evitando il disastro. Cosa succede nel cervello in queste circostanze? Cosa succede quando ci accorgiamo di un errore ancora prima di commetterlo?

Stephen M. Fleming
Conoscere se stessi. La nuova scienza dell’autoconsapevolezza
Raffaello Cortina editore, 2022
pp. 276, €24,00

Secondo il filosofo Gilbert Ryle la nostra autoriflessione nasce applicando a noi stessi gli strumenti che usiamo per comprendere gli altri, ma i risultati di questo processo non sono molto sicuri e possono generare gravi fraintendimenti. A livelli ben più implicanti del prendere o far cadere il bicchiere di vino, non è facile rendersi conto che altri possono avere una differente visione del mondo, e che ciò in cui noi crediamo potrebbe discostarsi dalla realtà stessa. Gli esperimenti in laboratorio di Fleming cercano di capire se la metacognizione e la capacità di leggere la mente altrui siano due capacità distinte o siano invece strettamente intrecciate, se interferiscono reciprocamente e se si sviluppano fin dall’infanzia in modo correlato.

Anatomia dell’autoconsapevolezza

Ma cosa rende la metacognizione di un soggetto migliore di quella di un altro?

Per quantificarne l’accuratezza, si eseguono stime della sicurezza delle persone: chi ha una metacognizione più sviluppata stimerà la propria sicurezza più alta quando ha ragione e una sicurezza più bassa quando ha torto; chi ha una metacognizione più labile potrebbe sentirsi sicuro anche quando ha torto. I risultati della scansione cerebrale effettuata sulle stesse persone dimostrano che a una migliore metacognizione corrisponde una maggiore quantità di materia grigia (cellule neuronali) nel polo frontale del cervello, e una maggiore integrità della materia bianca nei fasci di fibre che li connettono.


La sconcertante teoria della mente allargata, dove la coscienza non esiste


L’autoconsapevolezza, però, dipende anche da una serie di stati corporei e cerebrali che insieme, attraverso meccanismi omeostatici, determinano sia la metapercezione di noi stessi nel mondo sia il grado di sicurezza del nostro modello di mondo. Nel tempo dell’evoluzione si sono costruite e stabilizzate nel cervello umano le connessioni tra esterno e interno, e l’intreccio delle diverse percezioni ci permette di conoscere e di essere consapevoli delle nostre conoscenze.

Stati patologici possono alterare in maniera dolorosa le modalità di accoppiamento con il proprio ambiente, ma anche in condizioni normali, commenta Fleming, l’autoconsapevolezza è spesso assente o disattiva. Quando facciamo vagare la mente, spesso le risposte agli stimoli esterni sono automatiche, e non siamo più consapevoli di noi stessi come attori del mondo.

Imparare a pensare

Così gli apprendimenti meccanici, dalle tabelline all’elenco delle parti del corpo, portano a risultati modesti. Invece diventa sempre più essenziale sapere come pensare, e la metacognizione assume, in questo, un ruolo essenziale. Per esempio, si può scegliere come imparare, valutando il proprio stile di apprendimento e sviluppando fiducia e sicurezza nel proprio metodo. Si può scegliere cosa imparare, riconoscendo cosa si sa di non sapere, poiché quello che pensiamo sulla nostra conoscenza fa da guida a quello che studiamo in seguito. Si può riflettere su come sappiamo di sapere, e valutare quanto siamo sicuri di una risposta, scegliendo opportunamente se darla o non darla; soprattutto importa essere convinti delle proprie capacità, ricordando che se non si è disposti a competere non si ha proprio modo di vincere. Possiamo quindi insegnare a noi stessi ad imparare, acquistando sempre maggiore autoconsapevolezza nella nostra conoscenza, imparando a correggere i nostri errori.
Ma non si può fare tutto da soli; serve un ambiente in cui si condividono esperienze e risultati, in cui si impari anche a collaborare. La scuola non ha sempre queste attenzioni o persegue queste modalità di apprendimento.

Fragilità e potere della mente

Nel penultimo capitolo Fleming affronta il problema dell’autoconsapevolezza nell’era delle macchine. Più gli automatismi sono sofisticati più gli operatori umani perdono rilevanza. Con il perfezionamento tecnologico il ruolo degli umani potrebbe essere sempre meno importante, ma se le macchine più avanzate possono avere una mente propria sono ancora incapaci di spiegare come stanno risolvendo un particolare problema. Tuttavia i progressi sono veramente notevoli: le reti neurali artificiali sottopongono informazioni a strati di neuroni simulati, regolando il peso delle loro connessioni a seconda degli errori commessi e fornendo feedback correttivi; i droni certamente non sono autoconsapevoli, ma sanno predire e correggere i propri errori.
Le conclusioni di questa ricerca sono necessariamente problematiche e Fleming ne è particolarmente consapevole. L’invito socratico a conoscere se stessi sta trovando nella scienza un abbozzo di risposta, e questa, più che una sicurezza, porta ad acquisire un nuovo rispetto per la fragilità e il potere della mente capace di autoriflessione.

Credits immagine: Tyler Milligan on Unsplash