Lapouge e il razzismo

Nicoletta Giove, Le razze in provetta: Georges Vacher de Lapouge e l’antropologia sociale razzista, Il Poligrafo, 2001pp.158, euro 16,53

Negli ultimi decenni il razzismo è andato riacutizzandosi in tutto l’Occidente. Si tratta di un razzismo nuovo, che ha origine nelle tensioni sociali e nelle diversità culturali, ma che non ha la pretesa di fondarsi su basi biologiche. La ricostruzione posta all’inizio del volume di Nicoletta Giove vuole invece analizzare le profonde radici storiche di questo fenomeno, quando il razzismo era considerato “scientifico”. La razza, afferma l’autrice, è un concetto classificatorio errato dal punto di vista biologico: le odierne ricerche sulla genetica e gli sviluppi della teoria darwiniana della selezione naturale ci pongono di fronte alla certezza che l’animale “uomo” non sia classificabile dal punto di vista razziale. E’ anzi uno sfumare di caratteristiche non essenziali rispetto ai fattori di tipo storico e sociale. Gli unici ad aver avuto un peso rilevante nella sua evoluzione.

L’eredità socio-culturale, biologicamente più veloce di quella genetica, è pertanto centrale nelle differenze tra i popoli e smentisce ogni correlazione tra le anatomia e psicologia, tra potenzialità intellettive e potenzialità fisiche. Il darwinismo sociale di fine Ottocento, di cui Georges Vacher de Lapouge fu uno dei massimi esponenti considerò invece la questione in maniera opposta. Ripercorrendo le sue opere, l’autrice osserva l’andamento storico della teorizzazione razziale che, affiancata dalle teorie di Darwin, formò un connubio tanto scientificamente distorto quanto culturalmente rivoluzionario. Per tutto il XIX secolo, l’era industriale è stata il simbolo della superiorità dell’Homo Europaeus e della sua società “evoluta”, interdetta alle popolazioni di colore. Ripercorrendo la storia dell’antropologia, l’autrice mostra come dalle conquiste coloniali (XVII secolo) la cultura razziale sia andata via via stratificandosi, fino a trovare nelle teorie darwiniane (“L’origine delle specie” è del 1859) una giustificazione teorica e scientifica. Da allora in poi, la cultura occidentale vede nell’uomo europeo il simbolo dell’evoluzione “buona”, da difendere e da imporre contro le popolazioni primitive.

De Lapouge è tra i primi a estendere allo studio della società umana i concetti darwiniani di “selezione naturale” e “lotta per l’esistenza”, dove le leggi sociali vengono a essere il prolungamento spontaneo e lineare delle leggi di natura. E’ così giustificata biologicamente una teoria di origine prettamente culturale, che velocemente sfocia nell’eugenetica, nelle idee di perfezionamento biologico e sociale, di cui l’uomo europeo deve farsi promotore. Per Vacher de Lapouge l’eredità biologica è l’acquisizione di caratteristiche fisiche e psichiche e di conseguenza trasmissione del carattere e dei comportamenti sociali. Ma la “selezione sociale” contrasta questa trasmissione ed è un impedimento per l’eugenetica: le istituzioni, la guerra e la stessa cultura occidentale sacrificano i più dotati biologicamente, causando una regressione razziale. Tanto maggiori sono i requisiti per partecipare agli scontri bellici, tanto più gravi sono le perdite subite in termini di potenziale eugenetico. In questa continua perdita delle razze superiori, l’Homo Europaeus occupa il posto d’onore e le sue doti di superiorità fisica, estetica e morale vanno irrimediabilmente sprecate. Sono quindi due gli obiettivi principali che devono essere perseguiti: l’eliminazione degli individui inutilizzabili e il perfezionamento degli elementi superiori.

Attraverso una ricerca storica, Nicoletta Giove spinge a una seria riflessione sulla complessità ideologica della categoria “razza” nella cultura occidentale. Percorrere il pensiero di de Lapouge è un invito a cogliere la delicatezza di questo argomento, riflettendo sulle tristi analogie con la nostra cultura, ancora non del tutto estranea a simili pregiudizi.

2 Commenti

  1. Salve, sono consapevole del lungo tempo intercorso tra la sua pubblicazione e questa e-mail, mi scuso per questo.
    Essendo particolarmente interessato all’argomento, volevo chiederle se all’interno del testo si trovano passi espliciti dell’opera del De Lapouge, se vi si trovano riferimenti biografici e se l’autrice si sofferma sul periodo in cui sorse quest’opera pioneristica, considerati il tempo in cui sorse, prima della Grande Guerra, e, soprattutto, se viene trattata la fondamentale tesi “pessimistica” del “sociologo” francese; sono intenzionato ad aquistare il libro, una sua risposta potrebbe motivarmi.
    Grazie, distinti saluti.

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