Ambiente

Lockdown, delfini e capodogli nuotano nei porti. E ad Anzio spunta una balenottera

La natura si è ripresa i suoi spazi: uno degli effetti più sorprendenti e affascinanti della crisi mondiale da coronavirus è la reazione delle altre specie viventi, e in particolare degli animali, alla drastica riduzione delle attività umane. Abbiamo visto caprette, cinghiali, bisonti e scimmie passeggiare per le città, alla ricerca di cibo o incuriositi dalla nostra assenza e dal silenzio anomalo. Ma il fenomeno si sta verificando anche in mare: nel Mediterraneo, senza il traffico delle navi, i cetacei si stanno avvicinando sempre più spesso alle coste, fino ad avventurarsi addirittura nei porti. E oltre a capodogli e delfini, che vivono solitamente nei nostri mari, pochi giorni fa un ospite davvero eccezionale è comparso nel porto di Anzio: un piccolo esemplare di balenottera minore.

Una giovane balenottera atlantica nel porto di Anzio

L’evento è straordinario sia per la specie sia per il luogo dell’avvistamento. “È una balenottera minore o Balaenoptera acutorostrata”, spiega Sabina Airoldi, biologa marina del Tethys Institute Research.

“E’ una specie occasionale dalle nostre parti,cugina più piccola della balenottera comune, che invece vive abitualmente nel Mediterraneo ed è spesso avvistata nel Santuario Pelagos”. Non si sa quale sia l’origine della balenottera di Anzio. “Di certo”, osserva la biologa, “arriva dall’Atlantico, ha attraversato lo stretto di Gibilterra. Fra l’altro le sue dimensioni non farebbero pensare a un individuo adulto, che può superare i sei metri”. E a rendere ancora più eccezionale l’avvistamento c’è il fatto che sia avvenuto in un porto. “Le acque dei porti sono ricche di pesci come i cefali, di cui sono ghiotti, ad esempio, i delfini” continua la biologa. Qui si vedono alcuni piccoli cetacei curiosare nel porto di Cagliari, filmati dal team di Luna Rossa:

“Non a caso in queste settimane sono stati avvistati soprattutto tursiopi, i delfini mediterranei costieri. Normalmente questi cetacei vivono in acque che non superano i 200 metri di profondità, ma non si avvicinano mai troppo alla costa, e soprattutto non entrano nei porti. Osano farlo raramente di notte, quando il traffico è fermo e possono andare a caccia grazie al biosonar, il loro sistema di eco localizzazione. Ma adesso, con il lockdown, è come se avessero un supermercato aperto e gratuito!”.

Anche la ricerca è in quarantena

Un’occasione davvero straordinaria per osservare da vicino questi animali, e potenzialmente un’opportunità di studio irripetibile per gli scienziati: opportunità che, però, al momento, non può essere sfruttata. “Anche noi stiamo lavorando in smart working, e non possiamo fare ricerca sul campo”, spiega la Airoldi. “Solo la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza possono andare in mare”.

Non a caso, il materiale video e fotografico che registra gli avvistamenti di queste settimane proviene proprio dalla Guardia Costiera o da riprese amatoriali effettuate da semplici cittadini, spesso affacciati alle finestre delle loro case, come questa che vedete qui sotto che ritrae un capodoglio a poca distanza dalla costa del Ponente ligure:

O questo branco di Tursiopi di passaggio all’alba nel Parco della Gaiola. Il video realizzato da una motovedetta in pattugliamento nell’Area Marina Protetta, a poca distanza dalla costa di Posillipo, nel Golfo di Napoli.

Purtroppo non sempre si tratta sempre di avvistamenti “positivi”, che scaldano il cuore, come nel caso di questo grampo in difficoltà, spiaggiato a Genova Voltri, e poi accompagnato in acque più profonde:

Anche questa splendida balenottera che ha perso la pinna pettorale, probabilmente, per la collisione con una nave:

Ma l’attività di ricerca rischia di essere compromessa anche nel prossimo futuro, come conseguenza del lockdown. “C’è anche un problema di sopravvivenza economica”, continua la ricercatrice. “La nostra attività si sostiene grazie a finanziamenti di privati, che per quest’anno sono saltati, e grazie ai campi estivi in barca, in cui volontari provenienti da tutto il mondo ci affiancano per una settimana, lavorando a stretto contatto con noi nell’osservazione e dello studio dei cetacei. La situazione è in continuo aggiornamento, ma non sappiamo se e come potremo svolgerli quest’anno, e in ogni caso è improbabile che arrivino volontari dall’estero. Fra l’altro, quest’anno il Tethys compie 30 anni di attività: è l’ente di ricerca più longevo attivo nel Mediterraneo. Sarebbe un peccato che dovesse chiudere proprio quest’anno”, racconta preoccupata la biologa.

Uno spiraglio nel lockdown: il progetto di Mare Vivo

Se il futuro economico appare critico anche per il settore della ricerca, un sospiro di sollievo, almeno momentaneo, è arrivato in queste settimane dai dati sull’inquinamento ambientale, e in particolare su quello atmosferico, nelle aree del mondo sottoposte al lockdown. Ma, al di là delle immagini straordinarie che ritraggono le acque limpide del Po a Torino o dei canali di Venezia, sappiamo molto poco, a livello scientifico, su come stanno reagendo gli ambienti acquatici. “Anche qui non abbiamo dati perché siamo tutti fermi”, spiega la Airoldi. “Ma ora uno spiraglio viene dal progetto di Mare Vivo, l’unico autorizzato al momento, che ha iniziato in questi giorni le immersioni subacquee in alcuni siti, vicino Napoli e Pescara, per monitorare l’ambiente marino più in profondità. Speriamo di ripartire da qui per capire davvero come il mare sta reagendo a questa situazione eccezionale”.

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Claudia Borgia

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