Nuovi indizi sulla moria di saighe kazake

A maggio la popolazione mondiale di saighe era di 250.000 esemplari. A giugno, ne erano rimaste circa la metà. Una strage tanto più preoccupante, perché si è abbattuta su una specie in via di estinzione, considerata tra quelle più rischio dallo Iucn e su cui non è facile far chiarezza, anche a mesi di distanza. Al momento infatti ci sono solo alcune ipotesi avanzate per spiegare la moria degli animali, l’ultima delle quali chiama in causa il clima. Prima di vedere quali possibili effetti potrebbe aver avuto il clima sulle saighe e perché ripercorriamo la vicenda.

Le saighe sono antilopi della steppa, animali grandi quanto una capra con un curioso naso a proboscide. Ai tempi dell’ultima glaciazione occupavano un vasto areale, che andava dalla Cina ai Carpazi. Negli anni Novanta, in seguito al bracconaggio dell’epoca post-sovietica, la loro popolazione era crollata a soli 50.000 esemplari, confinati per lo più nelle praterie di Kazakistan, Russia e Mongolia. La caccia a questi animali è infatti un business lucroso: le corna di saiga, polverizzate e usate per combattere la febbre, sono molto ricercate nella medicina tradizionale cinese; un singolo corno può arrivare anche a 150 dollari.

Negli anni Novanta è cominciato l’impegno per evitare che le antilopi della steppa si estinguessero, con le campagne anti-caccia e il monitoraggio numerico. Sforzi che sembravano aver dato buoni frutti, almeno fino al 10 maggio di quest’anno.

Steffen Zuther, coordinatore dell’Iniziativa per la conservazione della biodiversità in Kazakistan, stava monitorando i parti in una delle mandrie rimaste, quando le saighe (prima le madri, poi i cuccioli) hanno iniziato a morire. Nonostante gli sforzi per salvarle, in quattro giorni l’intero branco – 60.000 esemplari – era stato spazzato via. E lo stesso sembrava accadere anche altrove. A giungo, i tassi di mortalità sono tornati nella norma, ed è partita la caccia ai responsabili della strage che ha ucciso circa 120.000 antilopi.

Fra le diverse ipotesi avanzate si era parlato di un avvelenamento da carburanti: il territorio in cui vive la saiga comprende l’area del cosmodromo di Baikonur, la base russa da cui si effettuano lanci e test di razzi, Soyuz compresa. Ma i campioni di suolo e acqua contraddicono questa ipotesi.

Le necroscopie hanno invece individuato nei tessuti alcune tossine prodotte da un batterio, la Pasteurella, forse in combinazione con altri del genere Clostridium. Eppure la Pasteurella si trova comunemente negli stomaci dei ruminanti, come le saighe, e generalmente non dà problemi, a meno che non abbiano un sistema immunitario già compromesso.

E allora, cosa ha causato la morte di così tanti animali? Secondo Richard Kock del Royal Veterinary College di Londra, un fattore che potrebbe aver contribuito è il clima: la moria è avvenuta in seguito a un inverno particolarmente freddo, seguito da una primavera umida, e questo potrebbe aver abbassato le difese immunitarie delle saighe.

Ad ogni modo, non è la prima volta che si verifica una moria di questi animali: epidemie di saighe si erano già verificate nel 1984, 2010 e 2012. Questa specie, quindi, potrebbe essere particolarmente sensibile alle condizioni climatiche. Capire il meccanismo di questi episodi potrebbe essere la chiave per salvarle dall’estinzione.

Credits immagine: Seilov via Wikipedia

1 commento

  1. Purtroppo non è l’unica specie animale che subisce i cambiamenti climatic ed il forte inquinamento , anche dei residui radioattivi degli esperimenti fatti nel secolo scorso. La resa dei conti arriva purtroppo anche per noi umani, causa di tutto questo.

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