Perché agli animali piace fare sesso

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(Foto: Romi Yusardi su Unsplash)

Thierry Lodé, professore di Ecologia evolutiva a Rennes, in questo libro ci porta a conoscere la sorprendente varietà delle relazioni amorose e di sesso tra gli animali, mettendo in evidenza le diverse componenti dei loro repertori sessuali. Piacere, tenerezza, cura reciproca sono spesso strettamente intrecciati e si esplicitano con comportamenti diversi nelle tante specie studiate.

Sesso e relazioni animali: attenzione all’antropocentrismo

Fin dall’inizio l’autore porta l’attenzione sull’antropocentrismo e l’antropomorfismo, i due aspetti che maggiormente rischiano di inficiare l’osservazione ecologica e da cui è difficile liberarsi. L’antropocentrismo porta a considerare ogni realtà solo in relazione alla specie umana e ai suoi bisogni, l’antropomorfismo porta ad attribuire agli animali intenzioni e comportamenti omologhi a quelli umani, trascurando le differenze biologiche: considerando però la nostra vicinanza filogenetica alle scimmie antropoidi, questo atteggiamento rende a volte più facile l’interpretazione di alcuni comportamenti animali. Per esempio l’orgasmo.

A cosa serve l’orgasmo

E’ ormai noto che tutti i mammiferi, maschi e femmine, durante il sesso hanno la possibilità di raggiugere l’orgasmo, una manifestazione fisiologica che richiede di essere alimentata da un eccitamento volontario e che coinvolge il sistema nervoso autonomo. Comportamenti di questo tipo sono stati riscontrati in moltissime specie animali, non solo nei primati ma anche in uccelli, pesci, rettili e perfino in insetti. La sensazione di piacere e di benessere che accompagna la scarica improvvisa delle ghiandole sessuali dipende dal rilascio di diversi neurormoni: endorfine, dopamina, ossitocina e prolattina che attivano nel cervello i sistemi chiamati di ricompensa. Nonostante diffusi luoghi comuni, i dati sperimentali mostrano che l’appagamento derivante dal sesso non ha alcuna correlazione con la riproduzione, come la riproduzione non ha alcun bisogno dell’orgasmo. Lo sviluppo e la diffusione tra gli animali di pratiche che tra gli umani sono considerate perversioni dimostra l’importanza biologica della ricerca del piacere: questo star bene rende anche più stabili e durature varie associazioni di tipo familiare, e risponde a un diffuso bisogno di affettività ricambiata. 

Sesso: il piacere nell’accoppiamento

ll motivo per cui la riproduzione sessuale si è affermata e stabilizzata nel corso dell’evoluzione rimane sempre un enigma scientifico, e molti sono gli studi che mettono a confronto le potenzialità della replicazione (agamica) e della riproduzione sessuale. Per quest’ultima però è necessario che il genoma di due individui si possa ricomporre in quello di un individuo sostanzialmente nuovo. Certamente gli animali non pongono correlazioni tra attività sessuale e nascita della prole (né si occupano della sopravvivenza della loro specie). L’attrazione tra i sessi va per altre strade: si è invece osservato che in moltissime specie i partner provano grande piacere nell‘accoppiarsi, guidati e stimolati da una biochimica olfattiva, gustativa e visiva che aiuta nella scelta del compagno o della compagna. La biochimica ha una funzione ben più importante della prestanza fisica o della stessa ipertelia. Non è detto che il cervo col palco di corna più sviluppate sia un buon “amatore” e un buon riproduttore. La selezione evolutiva non si basa semplicemente sulla trasmissione di geni “buoni” ma di geni che possono essere attivati in interrelazione con altri, in un determinato ambiente, e le teorie della selezione sessuale per cui a maggiore prestanza fisica corrispondono geni (e prole) migliore viene gradualmente messa in discussione. Intanto la vita si sviluppa attraverso la straordinaria molteplicità delle specie, e sono determinanti, per il processo evolutivo, sia la riproduzione sia lo scambio dei geni. Ma l’evoluzione lavora su tempi lunghi e non è detto che la sopravvivenza della specie sia legata solo alla prolificità.

Interazione chimica tra sostanze

Come Lodé spiega in alcuni capitoli, la varietà dell’universo deriva dai piccoli frammenti di materia sparsi e assemblati in tempi remotissimi, senza disegno né progetto. E la vita si è sviluppata a partire dalla interazione chimica tra sostanze di vario tipo, all’interno di bolle semipermeabili, in cui – forse- hanno avuto origine i primi virus. Le capacità di interazione tra frammenti “diversi” a livello molecolare hanno generato nel tempo la specificità del vivente, determinata dai legami chimici che formano strutture complesse, in migliaia di interazioni precarie che cercano stabilità provvisoria.

La diversità che alimenta l’evoluzione

La stessa dinamica di interazione tra “diversi” coinvolge, a un livello più strutturato, gli organismi e le specie. Variazioni e diversità alimentano l’evoluzione, mentre la vita si differenzia in una molteplicità di specie, guidata dall‘attrazione tra gli organismi e dalla loro interazione. Anche il sesso si sviluppa nel tempo come un cieco processo evolutivo di correlazioni e di compatibilità tra geni, attraverso milioni di alleanze e di relazioni antagoniste. L’ecologia delle specie richiede allora una teoria che consideri la differenziazione e la cooperazione: non si cerca il gene migliore ma si valorizzano le differenze a tutti i livelli, da quello biochimico fino alla ricerca del partner nel rapporto amoroso tra organismi.

La monogamia non esiste

Il paradigma alter-darwiniano dell’ecologia evolutiva, secondo Lodè, non vede più la natura governata da una implacabile dinamica eliminatoria, ma si dimostra molto più collaborativa di quanto la legge del più forte pretenda: il motore dell’evoluzione non risiede nella prestanza fisica ma nella forza strutturante delle interazioni. L’ecologia evolutiva contesta infatti le teorie della selezione sessuale (su cui Darwin stesso aveva delle perplessità) e l’opportunismo che dovrebbe spingere a cercare geni prevalenti. Ci parla invece di reti di rapporti all’interno di comunità che si diversificano attraverso l’assemblaggio casuale dei geni, guidate dalla ricerca di un partner che piaccia e dia piacere. Il pensiero che la prole possa essere conseguenza di un accoppiamento è certamente lontano dalla consapevolezza animale, mentre una relazione amorosa e soddisfacente può aiutare a sostenere la fatica di occuparsi della prole e di cercare alimento per i piccoli. Le analisi dei DNA, del resto, dimostrano che in pratica non esistono specie monogame: nei nidi crescono uccelli figli di più padri, anche nelle coppie la cui monogamia (falsa) doveva servire da esempio a intere generazioni di umani. In molte specie animali, infatti, gli accoppiamenti, spesso multipli e con partners diversi, vengono cercati e sperimentati da entrambi i sessi alla ricerca del semplice piacere fisico e la biodiversità amorosa rappresenta uno stimolo efficace alla cooperazione sociale indipendente dalla riproduzione. L’osservazione e lo studio dell’attrazione fisica dimostra l’importanza biologica delle relazioni in cui lo star bene rende più stabili e durature varie associazioni di tipo familiare e risponde a un diffuso bisogno di affettività ricambiata.

La legge dell’amore

In conclusione, sostiene Lodé, la vita dipende dall’instabile equilibrio tra divergenze evolutive e contaminazioni genetiche, che si stabilizzano quando le differenze favoriscono la relazione cooperativa con altri viventi e con l’ambiente. La natura segue il suo corso cieco e amorale, e la soddisfazione di desideri immediati modifica anche i percorsi evolutivi. In fondo non c’è nulla di strano nell’amore. La sua unica legge è l’inesauribile diversità che la sessualità genera.

Foto di Romi Yusardi su Unsplash