Universo in epistole

Janna Levin

Come all’Universo sono venute le macchie

Il Saggiatore, 2003

pp. 265, euro 16,50

“Come al leopardo sono venute le macchie” è il titolo di una bellissima favola di Rudyard Kipling, nella quale lo scrittore inglese libera tutta la sua fantasia per spiegare l’origine del mantello del felino. Janna Levin prende spunto da questo titolo, misurandosi però con un quesito fondamentale della scienza moderna: l’Universo è infinito? In questa sfida, la giovane cosmologa statunitense svela, attraverso le sorprendenti caratteristiche degli spazi geometrici, che anche la più rigorosa teoria scientifica è frutto di una fantasia non inferiore a quella di una fiaba.Tutto comincia da una domanda, apparentemente semplice, della madre dell’autrice: “Che cos’è l’Universo?”. Incapace di dare una risposta immediata e sempre in giro per il mondo, la Levin decide di cominciare un lungo epistolario, approfittando dell’occasione per tentare di spiegarle di cosa si occupa. E’ in realtà un espediente retorico – come confermato dall’introduzione, le lettere non sono mai state spedite e sono state scritte in date diverse da quelle indicate – che permette all’autrice di dare un taglio insolito a quello che sarebbe potuto semplicemente essere un altro libro di divulgazione sulla cosmologia. Invece, tra la spiegazione della teoria della relatività generale e il significato della parola ‘topologia’, l’autrice racconta frammenti della sua vita privata. Questo aspetto del libro, ne diventa ben presto la parte più interessante, restituendoci l’immagine di una donna alla continua ricerca di un equilibrio tra sentimenti e lavoro, tra viaggi ripetuti e improbabili sistemazioni provvisorie. Tutto è sempre accompagnato da un grande entusiasmo, alimentato da una radicata passione nei suoi studi sulle dimensioni dell’Universo. Peccato che questo suo entusiasmo difficilmente riesca a coinvolgere il lettore. L’argomento è molto speculativo e la Levin, nel suo tentativo di semplificarlo il più possibile, finisce spesso per renderlo ancora più oscuro, confondendolo tra il resoconto di un congresso in Russia e i problemi con il suo fidanzato.Faticosamente, alla fine del libro sembra avvicinarsi la risposta alla domanda iniziale, ovvero se l’Universo sia o no infinito: l’autrice ci rivela che essa è nascosta nel fondo cosmico di radiazione. Questa radiazione a microonde che pervade tutto l’Universo è una sorta di eco dell’esplosione del Big Bang e la mappa che si è ricostruita con le osservazioni è coerente con le previsioni dei modelli cosmologici. Ma moltissime informazioni sono ancora nascoste nelle piccole imperfezioni presenti in questa mappa, le ‘macchie’ a cui il titolo del libro si riferisce. Janna Levin sostiene che proprio queste macchie potrebbero rivelarci le dimensioni e addirittura la forma dell’Universo, se esso dovesse essere finito. Ma ancora una volta il lettore deve rimanere deluso. Infatti, la cosmologa non prende in considerazioni i dati raccolti dalle ultime missioni (l’italiana Boomerang e la statunitense Wmap), noti almeno dal 2000, proprio l’anno cui si riferiscono gli avvenimenti delle ipotetiche missive della Levin. Un vero peccato, perché al lettore non può non rimanere il dubbio di cosa si possa ricavare da questi dati utilizzando i metodi descritti dall’autrice. Che, in compenso, ci regala un finale a effetto: il libro si conclude con l’incontro fortuito con l’ex fidanzato, dal quale si era dovuta separare mesi prima. Lasciandoci, incredibilmente, più interessati a una domanda molto diversa da quella con cui avevamo iniziato il libro: si saranno rimessi insieme?

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