Epidemie: una storia infinita

1972, Zaire centrale: una donna lascia il villaggio per trasferirsi nella capitale Kinshasa, dove vive per quattro anni facendo la prostituta. Quando torna al suo paese, gli abitanti cominciano a morire in modo improvviso, brutale e inspiegabile. Fu questa la prima volta che Ebola, uno dei virus più letali, venne registrato. Ed è con questa storia che Matt Ridley, autore del libro “Il futuro delle malattie”, inizia il suo lungo viaggio nel tempo tra le più note malattie infettive, tentando una ricostruzione della loro origine e diffusione e proponendo alcune personali previsioni.

Il viaggio inizia nel 430 a.C. ad Atene, funestata dalla peste: è questa infatti la prima testimonianza di una lunga serie di epidemie che ha afflitto il genere umano e che nella maggior parte dei casi trovarono la grande occasione di manifestarsi quando raggiunsero città altamente popolate ed eserciti. Basti pensare alla shigellosi, alla parotite epidemica, alla difterite, alla varicella. Altre ancora erano trasmesse all’uomo dagli animali domestici: il morbillo dal cane e il vaiolo dai bovini. Gli Imperi contribuivano alla loro diffusione con l’invio di soldati in terre lontane: la Roma di Marco Aurelio, nel 165 d.C., fu messa in ginocchio dal morbillo e dal vaiolo, e Costantinopoli, nel 542, dalla “peste di Giustiniano”, primo arrivo in Europa della peste bubbonica.

E mentre nel Medioevo quasi tutte le epidemie parvero spegnersi, con la scoperta dell’America e la ricerca di nuovi territori da colonizzare giunsero in Europa tre nuove malattie: la sifilide dalle Americhe, il tifo dall’Oriente e l’influenza dalla Cina. Ma anche la tubercolosi imperversò nelle popolose città europee. Poi agli inizi della rivoluzione industriale, ci fu il flagello delle infezioni trasmesse con l’acqua: febbre tifoide, dissenteria e colera.

Finalmente, il nostro secolo segna una tregua. Con le migliori condizioni igieniche e alimentari e l’uso di insetticidi e antibiotici, negli anni Novanta del Novecento tutte le malattie infettive sembrano ormai sconfitte. Ma, dice l’autore, vi è stata una riesplosione su tutti i fronti, anche se in piccole proporzioni: il colera in America Latina, la peste bubbonica in India, le febbri emorragiche in Africa. E per di più la comparsa di un nuovo virus: l’Aids. Nonostante l’iniziale pessimismo e i severi giudizi riservati al ruolo che spesso hanno avuto le cattive pratiche ospedaliere nella diffusione delle epidemie, le ipotesi dell’autore sulle pestilenze del futuro si fanno più rosee.

Le epidemie letali del passato, secondo Ridley, saranno solo un ricordo. Il pericolo, nello scenario prospettato dall’autore, sta altrove: nei virus, specializzati nel causare rapide epidemie che si trasmettono per via aerea, come il raffreddore e l’influenza, favoriti dal moderno stile di vita e dai frequenti spostamenti delle persone. A dominare, insomma, saranno le malattie più contagiose ma meno gravi. E se la ricerca negli ultimi anni non ha prodotto nuovi antibiotici contro le malattie batteriche, Ridley ripone buone speranze nei farmaci progettati con la tecnica del “molecular design” e nei vaccini al Dna, un mezzo efficace e sicuro per difenderci da ogni tipo di virus a costi sostenibili anche dai paesi più poveri.

Matt Ridley
Il futuro delle malattie
Garzanti,1999
57 pagg.,

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here