Ipotesi in fumo

Come se le attuali previsioni sul cambiamento climatico non fossero già abbastanza preoccupanti, nuovi studi arrivano a prospettare un quadro ancora più fosco. È il caso di due ricerche pubblicate sull’ultimo numero di Science che mostrano come anche fattori che finora si sperava potessero mitigare il riscaldamento del pianeta non fanno in realtà che aumentarlo. Gli studi, basate su dati raccolti in Amazzonia, sono stati guidati da Ilan Koren del Nasa Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, e da M.O. Andrae e colleghi del Max Planck Institute di Chimica di Mainz, in Germania. Con strumenti e metodologie diverse, dai dati satellitari alle rilevazioni chimico-fisiche effettuate da aerei, entrambi i gruppi di ricerca si sono concentrati sugli effetti atmosferici del fumo prodotto in Amazzonia dalla combustione di biomassa. Centinaia di migliaia di fuochi, infatti, vengono accesi ogni anno in quella regione durante la stagione secca, per deforestare o eliminare gli scarti dell’agricoltura, con il risultato di coprire l’area di un denso fumo nero. La portata di questi risultati va molto oltre la scala locale. I processi di combustione, siano i giganteschi falò amazzonici o gli insediamenti industriali, producono grandi quantità di aerosol, o polveri fini. Finora gli studi che cercavano di simulare gli effetti delle attività dell’essere umano sul cambiamento climatico avevano considerato che queste emissioni, sebbene avessero un impatto nefasto sulla salute umana, potessero contrastare l’effetto serra e ridurre il riscaldamento globale. Secondo questa ipotesi, infatti, ad altitudini elevate gli aerosol filtrerebbero la luce proveniente dal Sole, limitando il riscaldamento della superficie del pianeta. Inoltre, favorirebbero la formazione delle nuvole, altro schermo terrestre contro la radiazione solare. Lo stesso inquinamento prodotto dalle attività umane, quindi, era considerato un fattore mitigante degli effetti dei gas serra sul clima. Gli studi su Science, però, sollevano dei dubbi sull’effettiva interazione degli aerosol con le nubi e con la circolazione atmosferica. L’Amazzonia offre praticamente l’unico scenario al mondo in cui studiare gli effetti “netti” degli aerosol, la cui produzione non è qui associata a quella di altri inquinanti di origine industriale. I risultati sono tutt’altro che confortanti. Koren e colleghi, in particolare, hanno scoperto che lo strato di polveri fini che si forma al di sopra dell’Amazzonia in conseguenza dei fuochi, riducendo la quantità di luce solare che arriva sul terreno, diminuisce anche l’apporto di acqua evaporata che dovrebbe “rifornire” le nuvole. Questo, insieme al riscaldamento dello stesso strato di aerosol che assorbe le radiazioni solari, impedisce la formazione di una particolare categoria di nuvole, le boundary layer clouds. Meno nuvole significa, di nuovo, più luce solare che arriva a terra, e l’effetto benefico degli aerosol è presto annullato. “Il fumo di combustione anziché raffreddare il clima finisce per aumentare le temperature”, sostengono i ricercatori. “Questo meccanismo potrebbe spiegare perché la Terra si è riscaldata nel corso dell’ultimo secolo, nonostante l’atteso effetto benefico degli aerosol”. Gli autori degli studi sottolineano l’esigenza di inserire anche questo meccanismo nelle simulazioni attualmente usate per formulare previsioni del cambiamento climatico globale. Il che potrebbe rendere ancora più preoccupanti gli scenari previsti per i prossimi decenni.

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