Possiamo misurare la coscienza?

coscienza

Scriveva Pierre Changeux all’inizio di questo secolo: “Gli specialisti di neuroscienze considerano la coscienza una proprietà o una funzione del cervello paragonabile alla respirazione o alla digestione”; oggi i ricercatori hanno scoperto numerose vie di accesso ai meccanismi cerebrali della coscienza soggettiva. In particolare, il gruppo di Stanislas Dehaene (Direttore del Centro NeuroSpin per l’imaging cerebrale all’Università di Parigi-Saclay) ha individuato uno “spazio di lavoro globale” in cui avviene lo scambio di informazioni tra neuroni fittamente interconnessi; e questo scambio di informazioni rappresenta un marcatore eccellente della coscienza.

Il gruppo di ricerca di Giulio Tononi, neuropsichiatra e Distinguished Professor di Scienze della coscienza (Wisconsin) ha proposto a sua volta la Teoria dell’Informazione Integrata (IIT), sintetizzata nella lettera greca PHI, che considera tutte le esperienze coscienti sia informative che integrate. Il neuroscienziato cognitivo Anil Seth, allievo di Gerald Edelman e anche lui ricercatore nel campo della scienza della coscienza (Sackler Centre for Consciousness Science), discute nel suo libro i due termini usati dalla IIT, spiegando come ogni esperienza cosciente sia integrata ad altre, e come l’averla fatta riduca matematicamente l’incertezza relativa alla sua informazione rispetto alla gamma delle possibili esperienze equivalenti. Il dibattito su cosa sia la coscienza ha una lunga storia, spesso controversa, a partire dal cosiddetto problema difficile proposto da Chalmers e semplificato nella domanda: che cosa si prova ad essere un pipistrello? Seth sostiene che una scienza della coscienza possa essere una spiegazione di cosa si prova ad essere in generale o ad essere me, in particolare.

Anil Seth
Come il cervello crea la nostra coscienza
Raffaello Cortina Editore, 2023
pp. 353,  € 25,00

Seth si interroga, inoltre, sulle possibilità di misurare la coscienza e, fondandosi sulle inferenze ottimali calcolate seguendo il ragionamento probabilistico di Thomas Bayes, propone una sua teoria. Il cervello, secondo questa ipotesi, è una macchina predittiva e le percezioni non raccolgono informazioni che dall’esterno vanno ad essere elaborate nelle varie aree del cervello ma rappresentano piuttosto delle inferenze sulle cause dei segnali sensoriali, secondo un processo che va dall’interno all’esterno. Le percezioni radicate in questo processo (dall’interno all’esterno) sono quindi predittive e attivano i successivi comportamenti in funzione di una migliore sopravvivenza; la stessa esperienza dei cambiamenti esterni è una inferenza percettiva. In particolare, la sua ipotesi della “macchina bestiale” suggerisce che le distinte emozioni dipendano da come i cambiamenti fisiologici vengano valutati dai processi cognitivi interni: il cervello fa le migliori ipotesi sulle cause dei suoi segnali sensoriali, in modo da inferire gli stati del mondo e del corpo e prevedere il comportamento più efficace. La percezione non serve per scoprire cosa vi è fuori ma per controllare e regolare le variabili essenziali del dentro. Questi controlli generano possibilità di azione e previsione delle loro conseguenze, al fine di regolare le variabili essenziali del corpo per un suo funzionamento ottimale.

Si tratta dunque di previsioni percettive che Seth chiama allucinazioni tanto controllanti quanto controllate: si fa esperienza del mondo e del sé mediante meccanismi di percezioni predittive radicate nel fatto stesso di essere vivi. Sviluppando queste ipotesi, sembra che le azioni volontarie esprimano quello che la persona vuole fare, ma in realtà non avrebbe potuto fare altrimenti: l’esperienza percettiva della volizione è una predizione percettiva auto avverante, e forse anche una allucinazione controllante.

Un intero capitolo tende a spiegare questo cambiamento di prospettiva nei rapporti tra mondo esterno e corpo, il quale prevede cosa sia più adatto alla propria sopravvivenza e agisce di conseguenza, assemblando credenze, valori e ricordi che insieme producono l’esperienza. L’imaging cerebrale accoppiato con l’intelligenza artificiale permette di vedere quali regioni si attivano nelle diverse circostanze, e questo permette di rilevare meccanismi di coscienza anche in pazienti che apparentemente ne sono privi. E’ interessante notare che tra le tavole di Dehaene alcune mettono in evidenza proprio la capacità del cervello di fare previsioni su quello che non è ancora successo: per esempio, osservando la frequenza di scarica dei neuroni coinvolti, si può capire la direzione di un movimento che una scimmia sta per fare. E con queste rilevazioni si possono decodificare i pensieri in corso. Tuttavia, sono necessari ancora studi competenti per capire se e quanto i dati e le immagini del cervello rilevate sperimentalmente possano sostenere l’ipotesi “dall’interno all’esterno” di Seth, ma il confronto tra le diverse interpretazioni della coscienza continua ad essere problematico e stimolante.

Credit immagine: Ashley Batz su Unsplash