Società

Quelle note nel cervello raccontate da Oliver Sacks

Oliver Sacks non ha bisogno di molte presentazioni. Il suo libro “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” ha probabilmente fatto conoscere al grande pubblico le neuroscienze, e ha indirettamente contribuito a migliorare la vita di molti malati e delle loro famiglie, facendogli capire che non erano i soli a dover convivere con malattie che, anche se non curabili, potevano essere rese meno invalidanti e vissute con maggiore qualità.

In questo “Musicofilia”, che non per nulla nell’edizione originale inglese ha come sottotitolo “storie di musica e del cervello”, Sacks raccoglie diversi casi di interazione tra la mente umana e la musica. Già il concetto stesso di musica, se ci si pensa un po’ su, è davvero strano. In effetti, non si capisce a priori perché gli umani siano così attratti dalla musica, salvo rarissime eccezioni che sono considerate patologiche: l’amusia è una malattia proprio come l’afasia, anche se quest’ultima è molto più nota.

La musica in testa

Nel libro non si trattano solo le malattie legate in qualche modo alla musica: per esempio, il primo caso presentato è quello di un medico che, dopo essere stato colpito da un fulmine, sviluppò un improvviso e fortissimo interesse per la musica, tanto da mettersi non solo a suonare ma addirittura a comporre. Altri casi di studio presentati sono quello dell’orecchio assoluto, che permette di riconoscere una nota senza doverla sentire in riferimento a un’altra, e quello dell’orecchio sinestetico, molto più raro, che associa a una nota musicale, oppure a un accordo, un colore. Nel caso dell’orecchio assoluto, vengono fatte delle ipotesi speculative sulla possibilità che sia una capacità innata nei neonati, ma venga perduta per facilitare la comprensione delle parole; in effetti questo capita soprattutto nelle lingue non tonali, come l’italiano, dove ogni sillaba ha un significato indipendentemente dal tono con cui viene pronunciata. Il cinese mandarino, invece, è una lingua tonale e infatti la percentuale di cinesi dotati di orecchio assoluto è maggiore, per esempio, di quella  degli statunitensi.

La parte principale del libro è però dedicata alle malattie degenerative e non del cervello, e alle possibilità date dalla musicoterapia. Scopriamo quindi che pazienti col morbo di Parkinson trovano giovamento da una musica ritmica che permette loro di essere più sciolti e liberi nei movimenti; oppure che ci sono persone assolutamente incapaci a parlare ma che possono cantare brani della loro gioventù senza alcun problema. Addirittura ci sono persone affette dal morbo di Alzheimer capaci di imparare e ricordare nuovi brani musicali, anche se la loro memoria episodica e a volte persino quella remota, è gravemente compromessa. La musica, insomma, riserva moltissime sorprese, gran parte delle quali non ha ancora trovato una spiegazione.

L’unico appunto da fare al libro, oltre a un paio di sviste di traduzione, è che spesso Sacks riprende casi che aveva già trattato nelle sue opere precedenti; un lettore affezionato, e non particolarmente interessato ai temi musicali, potrebbe perciò trovare più di una traccia di déjà vu.

Il libro

Oliver Sacks
Musicofilia
Adelphi 2008, pp. 434, euro 23,00

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