Tesla, l’uomo che giocava coi lampi

    In qualche parte dell’Europa sudorientale, “lontano da tutto fuorché dall’Adriatico”, Gregor – Nikola Tesla – viene alla luce nel bel mezzo di un temporale: un lampo gigantesco e ramificato illumina il suo ingresso nel mondo e il rombo di un tuono copre il suo primo vagito. “Nascite del genere rischiano di rendervi un po’ nervosi”, e infatti il piccolo Gregor si rivela fin da subito ombroso, sprezzante, suscettibile, brusco, in poche parole “precocemente antipatico”. Passa intere giornate a smontare orologi e pendole cercando poi di rimontarli, impara una buona mezza dozzina di lingue e, “non pago di essere antipatico, comincia a diventare ingombrante”: cresce a dismisura. E’ talmente intuitivo che nel suo percorso scolastico salta una classe su due, assimila in un batter d’occhio nozioni di fisica, meccanica, chimica e comincia, giovanissimo, a inventare oggetti originali di ogni tipo.

    Invenzioni universali

    Soprattutto, Tesla manifesta sin da subito un dono: raffigura le cose mentalmente prima ancora che esistano, le vede con tale precisione tridimensionale che, nell’atto di inventare, non ha bisogno di schemi e bozzetti, il solo rischio che corre è di “confondere la realtà con quello che progetta”. E siccome non ha tempo da perdere, le sue invenzioni non scadono mai nel banale, non investe energie nel perfezionare un apriscatole o migliorare una serratura, ma in progetti d’interesse universale: un tubo posato sul fondo dell’Atlantico che permetta uno scambio di posta tra Europa e America attraverso un sistema di pompaggio (il problema della resistenza dovuta all’attrito dell’acqua nel tubo lo fa desistere) o un gigantesco anello intorno alla Terra, sopra all’equatore, in cui poter salire per ammirare ogni luogo a milleseicento chilometri l’ora. Considerando che siamo intorno al 1880 le sue idee destano grande interesse e una buona dose di derisione.

    Il suo carattere definitivo comincia a poco a poco a tracciarsi e in particolare prendono forma quei tratti distintivi che non lo abbandoneranno fino alla morte: l’ossessione per la pulizia, l’odio verso tutti i gioielli, la necessità di contare tutto (i gradini, i passi, i passanti, le nuvole, gli uccelli; e comunque “nulla è per lui più bello di un multiplo di tre”), un’adorazione per i piccioni.

    Quando a ventotto anni si trasferisce in America è un ingegnere di due metri con una bombetta in testa e una lettera di raccomandazione per Thomas Edison, il capo della General Electric, “autore di millenovantatré invenzioni, numerose delle quali realizzate da altri ma che lui non esita ad attribuirsi”. Gregor spicca per la sua capacità di porre rimedio ai frequenti incidenti che si verificano negli impianti della General Electric e, lavorando sui vari guasti, comincia a insinuarsi in lui il dubbio che il principio su cui si basano quegli apparecchi può essere perfezionato: propone allora di sostituire la corrente continua con una corrente alternata.

    La guerra elettrica, Tesla sfida Edison

    Comincerà così una serie di esperimenti che porteranno a una vera e propria “guerra elettrica” tra Edison e Gregor. Il primo, dopo aver spronato il suo dipendente nella ricerca, gli rifiuta il premio in denaro promesso (“Lei non capisce il nostro senso dell’umorismo americano”) e, quando Gregor si licenzia, dà inizio a una vera e propria campagna per insinuare la pericolosità della corrente alternata. Intanto Gregor è una fonte inesauribile d’idee, tra tutte spicca quella di un’energia libera, diffusa, cinetica, disponibile in qualsiasi punto dell’universo, grazie alla quale le tecniche energetiche “si armonizzeranno con gli ingranaggi della natura”.

    La scienza che fa spettacolo

    Gregor si lancia anche in un giro di conferenze con il pubblico: oltre che scienziato è attore e prestigiatore e, grazie alla sua presenza scenica e al suo “talento per la frase giusta”, incanta le folle tanto quanto attira il disprezzo degli altri scienziati. Stuoli di uomini accorrono per vedere “il trampoliere in frac con i baffi impomatati” che si fa correre tra le mani correnti di 200.000 volt tramutandosi lui stesso in un diluvio di fuoco.

    Nel suo peregrinare in America, che diventa la sua patria, Tesla incontra una moltitudine di personaggi: lo scrittore Mark Twain, la silenziosa e riflessiva Ethel, l’unica che, insieme a un piccione bianco, sembra smuovere i sentimenti dell’asessuato Gregor, il finanziere J.P. Morgan “spalle da pachiderma e sguardo da pitone”, e una lunga serie di uomini ricchi da cui è allo stesso tempo attratto e respinto (per via soprattutto della ripugnanza che prova verso i loro gioielli).

    Un genio senza il pallino degli affari

    Echenoz, con stile serrato e linguaggio ironico, ci descrive un Tesla completamente inetto nel gestire le sue finanze, capace di dissipare tutte le sue invenzioni, come se solo l’atto in sé dell’intuizione fosse importante. Gregor prende appunti disordinati, i suoi dati sono difficilmente riproducibili e questo gli sarà fatale anche nella guerra al brevetto intentata contro Guglielmo Marconi per l’invenzione della radio, solo una delle tante batoste che segnano la sua carriera di scienziato. Puntualmente nel suo percorso “gli altri si approprieranno discretamente delle sue idee e lui intanto passerà la vita in perenne ebollizione”. Sempre al verde, spesso deriso, con il suo modo di fare contro ogni logica di mercato, Gregor inizia a dare segnali di follia: allestisce una clinica per piccioni nella sua camera di hotel, comincia a parlare con i lampi “come fossero sottoposti, bambini, alunni o pari”, comunica con i marziani.

    La sua mente sembra avviarsi alla disgregazione, come la materia. Nonostante queste avvisaglie Tesla continua a produrre: nella sua testa prendono forma il primo microscopio elettronico, il primo missile, il telecomando, i raggi X, i robot. Quello che passerà alla storia come “il santo patrono dell’energia elettrica” non smette mai di cercare di realizzare, almeno nella sua mente, qualcosa di innovativo e indispensabile per l’umanità. Tesla, lo scienziato-gigante, il genio che trascorre una vita a dimostrare cose che solo lui vede nitidamente, l’uomo con un piccione come unico amico, “lo squallido piccione con la sua stupida voce. Con il suo volo gracchiante. Con il suo sguardo sordo. Con il suo beccuzzare assurdo”.

    Dall’inizio alla fine del libro, pagina dopo pagina, il lettore è in continuo bilico tra l’antipatia provocata dal Gregor saccente, esibizionista e superbo e l’affetto e l’ammirazione che suscita questo “scienziato pazzo”, per la sua sregolatezza, il profondo amore per gli animali, l’altezza buffa e smisurata, ma soprattutto per la sua idea di scienza al servizio di tutti.

    Il libro

    Jean Echenoz
    Lampi
    Adelphi 2012, pp. 176, euro 17,00

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