Giornata nazionale della montagna: i ghiacciai alpini sono sempre più a rischio estinzione

marmolada

L’estate trascorsa non è stata facile dal punto di vista climatico: caldo e siccità hanno colpito la nostra salute e quella degli animali, la prolungata carenza idrica ha messo in ginocchio attività produttive come l’agricoltura, e sono aumentati gli incendi. Ma a soffrire, e non poco, sono anche le nostre montagne e soprattutto i ghiacciai, con conseguenze devastanti per tutti gli ecosistemi. Negli scorsi mesi, Legambiente e Comitato Glaciologico Italiano hanno monitorato lo stato di salute dei ghiacciai alpini e i timori di un rapido peggioramento sono stati purtroppo ampiamente confermati. I dati sono raccolti nel reportCarovana dei ghiacciai”, presentato a Roma in vista della Giornata internazionale della montagna (11 dicembre).

I ghiacciai arretrano su tutto l’arco alpino

La situazione era in parte prevedibile già in primavera, a causa delle scarse precipitazioni nevose e del precoce scioglimento della neve, che avrebbe dovuto proteggere i ghiacciai dalla fusione estiva. Le elevate temperature estive che sono seguite hanno poi, purtroppo, fatto il resto. A sorprendere i ricercatori, però, sono stati soprattutto l’accelerazione dei fenomeni di riscaldamento e un innalzamento delle temperature oltre ogni previsione. Il 2022 è stato un anno nero per i ghiacciai alpini, al punto che in futuro molte indagini non saranno più possibili, a causa sia del maggiore pericolo di crolli sia dello spostamento dei fronti dei ghiacciai verso l’alto, in posizioni non raggiungibili.

In generale, su tutto l’arco alpino l’arretramento registrato è preoccupante. Nel 2022, ad esempio, la media di arretramento nelle Alpi occidentali è di circa 40 metri, con il caso della fronte del ghiacciaio del Gran Paradiso che perde fino a 200 metri a causa del distacco di una parte.

Nelle Alpi centrali, il Ghiacciaio del Lupo in Lombardia ha perso nel 2022 il 60% della massa persa negli ultimi 12 anni, mentre nelle Alpi orientali spicca la previsione per la Marmolada: nell’ultimo secolo il ghiacciaio ha perso oltre il 70% di superficie e il 90% di volume e, secondo gli studiosi, è probabile che scompaia prima del 2040 – e anche se dovesse rallentare il processo di riduzione della massa glaciale, sarebbe improbabile che sopravviva oltre il 2060.

L’aumento della temperatura è più marcato nelle zone alpine. Dal 2003, le temperature massime estreme in alta quota sono aumentate di 3,19°C e le minime di 1,25°C. Nei prossimi trent’anni si prevedono aumenti tra i 3°C e i 4°C (contro i 2°C della Pianura padana), e fino a 6°C a fine secolo: questo comporterà una perdita stimata del 94% del volume dei ghiacciai.

Tra le cause, il fenomeno di ghiaccio-albedo: le superfici coperte di neve o ghiaccio hanno una maggiore capacità di riflettere la radiazione solare. Se questa copertura diminuisce, emergono le aree rocciose, che hanno un albedo ridotto e assorbono molto più calore, amplificando il riscaldamento in atto.

Non solo carenza idrica: anche crolli, frane e perdita di biodiversità

Un primo impatto è sulla disponibilità idrica estiva, destinata a diminuire. Ci sono però anche altre conseguenze. Il 2022 ha segnato un record negativo per crolli e frane. Nel caso della Marmolada, pur non essendo prevedibile la tragedia di quest’estate, l’aumento della temperatura e la fusione del ghiaccio, che ha fatto perdere sostegno alla massa sospesa, sono stati fattori decisivi. E, in alcune zone, eventuali crolli potrebbero coinvolgere anche gli insediamenti del fondovalle.

Crescono anche le frane, poiché la riduzione dei ghiacciai e la degradazione del permafrost aumentano l’instabilità naturale e determinano una crescita di ammassi rocciosi e accumuli detritici.

Infine, gli effetti su biodiversità ed ecosistemi: la produttività di prati e pascoli di montagna si è ridotta del 20-40%, e ciò significa ad esempio minor nutrimento per animali selvatici, pascoli ed impollinatori. È aumentato del 30% il fabbisogno di irrigazione per vigneti, frutteti e prati, facendo emergere i primi conflitti per l’uso dell’acqua nelle comunità di montagna, e si ipotizza un calo del 20-30% della capacità di pascoli alpini e foreste di larice di sequestrare anidride carbonica dall’atmosfera durante l’estate.

Ma a risentirne in futuro saranno anche il turismo invernale e il paesaggio, con la maggiore diffusione di sterpaglie e gli effetti sulla vegetazione della crescita dei parassiti. Sono quindi necessarie politiche territoriali sostenibili che orientino gli attuali modelli di sviluppo, basati sugli sport invernali, verso le esigenze delle popolazioni locali e un uso sostenibile delle risorse naturali. 

Riferimenti: Rapporto-carovana-ghiacchiai_2022.pdf (legambiente.it)

Immagine: Antelao via Pixabay

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